Tra i punti focali del santuario è la cappella di San Bonaventura, della famiglia Castiglioni. Lo spazio è universalmente noto come sepoltura del grande umanista, Baldassarre Castiglioni, e realizzato dal genio della maniera, Giulio Romano. Diplomatico e scrittore, Baldassarre dopo la morte della moglie Ippolita Torelli passò al servizio del papa; nunzio apostolico in Spagna presso l'imperatore Carlo V, mori a Toledo nel 1529, pochi giorni dopo essere stato eletto vescovo di Avila. Provvide la madre, Aloisia Gonzaga, a far traslare i suoi resti in patria e incaricare Giulio Romano della realizzazione della cappella.
Per delineare la straordinarietà del personaggio va ricordato che fu autore de Il Cortegiano, uno dei libri più rappresentativi del Rinascimento, e della lettera di Raffaello a Leone X, il più straordinario documento sulla tutela dei beni culturali. Di entrambe queste opere si conservano gli autografi nell’Archivio di Stato di Mantova. L’intitolazione a San Bonaventura si deve al patronato della famiglia Castiglioni, della quale il santo era il protettore) Chiara è l’origine dello spazio sacro. Nel settembre del 1523 Baldassarre Castiglioni, in procinto di partire per una spedizione militare, dispose per via testamentaria che il suo sepolcro fosse costruito in una cappella da far decorare a “Julius Romanus pictor”, autore anche della tomba dove il Castiglioni volle esser sepolto accanto alla moglie Ippolita Torelli.
L’epitaffio venne affidato a Pietro Bembo. La cappella si regge sulle colonne angolari, gli spazi tra le quali si dilatano per accennare ai bracci di una croce greca, definiti da archi a tutto sesto che preludono alla volta tutta affrescata. Questa è un tripudio di colori, affrescata dalle pareti fino alla volta, impostata su una struttura complessa, geometrica, che ha come parallelo quella della camera dei Venti di Palazzo Te.
Gli affreschi sulla copertura raffigurano quattro episodi relativi alla risurrezione di Gesù, attorniati da medaglioni con figure di apostoli e altri santi e dagli stemmi Castiglioni e Torelli. L’importanza del luogo è ribadita dall’utilizzo del marmo in imponenti quantità per i monumenti sepolcrali, certamente tra i più splendidi del Cinquecento che esistano nell’intera provincia. Fulcro è, ovviamente, il mausoleo dell’umanista, costituito dal sarcofago sormontato dalla piramide a gradoni, con evidenti riferimenti raffaelleschi e culminante nella statua del Risorto, che allude alla statuaria classica.
Il sarcofago è affiancato da pilastrini con le epigrafi (a sinistra, un elogio di Baldassarre, formulato da Pietro Bembo; a destra, il rimpianto dello stesso per l'amatissima sposa) e sormontato da una piramide a gradoni conclusa dalla statua del Risorto. I livelli sono otto, allusivi all’ottavo giorno che è appunto, nel linguaggio della liturgia, quello della risurrezione di Gesù. Il monumento si collega così alle scene della volta per esprimere il significato cristiano della morte, che per il credente, segna il passaggio dal mondo terreno a quello celeste.
Alla sinistra del monumento è l’altare, più tardo, ma che doveva avere uno spazio ben preciso già nel progetto originale di Giulio Romano, considerando che a Weimar è conservato il disegno per la pala, realizzata da Fermo Ghisoni da Caravaggio. Il dipinto raffigura la Vergine col Bambino, adorato da San Francesco e San Bonaventura, che, come detto, fu francescano e patrono dei Castiglioni. Dirimpetto è il monumento sepolcrale, del figlio di Baldassare, Camillo Castiglione, splendido nell’uso dei marmi e nell’architettura. Da notare il raffinato busto in marmo al coronamento.
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