Imponente nelle dimensioni e nella decorazione, la cappella dedicata a San Gabriele era di pertinenza della famiglia Strozzi di Mantova e anticamente intitolata alla Vergine Assunta e a San Ludovico. La nobile famiglia, infatti, aveva due rami principali, uno quello di Firenze, l’altro, appunto, mantovano (proprio nella capitale del granducato di Toscana, questi ultimi possedevano un grande palazzo che sorge alle spalle di Santa Maria del Fiore).
Ed è, infatti, lo stemma delle tre lune a caratterizzare lo spazio, a partire dalla bella cancellata in ferro battuto con decorazioni in bronzo dorato. Purtroppo l’aspetto che doveva avere nel corso dei fasti del Seicento è ora mitigato da una veste più modesta reso ancor più mesta dallo stato di conservazione. Giunti in santuario i padri Passionisti, infatti, misero mano alla decorazione (realizzata tra il 1920 ed il 1922), stravolgendola dal cornicione in giù. Sulle pareti corrono, alternati e all’interno di un modulo ornamentale, i simboli della Passione di Cristo, mentre il pavimento riporta il segno dei Passionisti realizzato a mosaico. Sempre ai Passionisti si devono i dipinti che sono stati realizzati nelle specchiature ai lati della pala d’altare: a sinistra è rappresentato San Paolo della Croce, fondatore dei Passionisti, nella sua cella, mentre al lato opposto La Crocifissione con la Vergine, la Maddalena e San Giovanni, entrambi opera di un artista di inizio Novecento, il milanese Enrico Volonterio.
Al di sopra dell’ingresso, inoltre, sul lato opposto all’abside, in una lunetta, è un Cristo morto sempre novecentesco e di buona qualità. Ben diversa doveva essere la cappella ai tempi degli Strozzi. Non rimane traccia visibile delle decorazioni alle pareti; una fonte sembra indicare un grande pittore del Cinquecento attivo in questo spazio: Giovanni Antonio de’ Sacchis detto il Pordenone. Rimane il dubbio che i “medaglioni” realizzati dal maestro manierista, che pur fu attivo a Mantova, altro non siano che le lunette che ritmano la parte alta delle pareti, iconograficamente interessanti, pur essendo in disastrose condizioni di conservazione.
Presentano, partendo dalla prima sul lato destro vicino all’entrata, le storie di San Gabriele dell’Addolorata, ma già la quarta lunetta mostra una condotta pittorica senz’altro più antica, seicentesca, e un’iconografia tale da ricondurre molte delle immagini presenti nelle lunette ad un ciclo iconografico più antico relativo al primo titolare della cappella, San Ludovico da Tolosa, che continua fino all’abside e coinvolge anche la prima lunetta sul lato opposto sempre nei pressi della parete di fondo. Ritornando da qui verso la parete d’ingresso si incontrano altri dipinti, assai più recenti, appartenenti al ciclo dedicato a San Gabriele dell’Addolorata.
Spettacolare è la volta, con alcuni affreschi che decorano le specchiature delimitate da ricche cornici in stucco: una Madonna assunta, non distante dalle opere di Antonio Maria Viani, mentre, al di sopra della zona absidale della cappella, troneggia, anche questo di sapore vianesco, un tondo a fresco collocato all’interno di una ricca corona di vólti alati e motivi vegetali ad arabesco.
L’iconografia qui rappresentata è quella della salvazione dell’anima: l’animula viene portata in cielo, verso la Trinità, da due angeli, mentre altre tre figure alate, al di sotto dello spazio lasciato libero dal gioco di braccia, guardano verso l’alto. Magniloquente è poi la pala d’altare, circondata da un imponente altare in legno intagliato e dorato, e caratterizzata dalla ricca tavolozza e dalle numerose e belle figure che spesso rimandano ad altre opere d’arte. L’opera, attribuita a Karl Santner, pittore di Monaco attivo a Mantova nel primo Seicento, raffigura la Madonna col Bambino e santi: ai lati, infatti, compaiono adoranti San Francesco d’Assisi e San Ludovico da Tolosa, il primo patrono dell’ordine religioso che governava il santuario nel Seicento (i francescani, appunto), il secondo titolare della cappella prima del cambiamento voluto dai Passionisti)
Ad Antonio Maria Viani è stato legato il monumento sepolcrale addossato alla parete destra, di Pietro Strozzi, realizzato con una bella commistione di marmi colorati (1601). Al lato opposto, invece, è la memoria lapidea di inizio Ottocento dei marchesi Luigi e Uberto Strozzi (1807).
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